“Maschere e figure. Repertorio dei tipi letterari” di Paolo Ruffilli, Il Ramo e la Foglia. A cura di Alessandra Micheli

Oggi viviamo di ossessioni.

Riflettevo proprio su questo sapete miei amati lettori?

Tutto ci mette ansia.

L’età che passa.

Il voler vivere ogni attimo senza mai perdersi un opportunità.

E il collezionare qualsiasi emozione, non più oggetti.

Esperienze.

Azioni.

E sensazioni.

Ecco cosa ci ossessiona.

La quantità che va a scapito della qualità.

Anche nei libri è cosi.

Ora per carità io sono fermamente convinta che ognuno di noi ha la usa tipologia di lettura, il suo ritmo e i suoi gusti.

Esiste chi divora i libri ( ai miei tempi si chiamavano topi da biblioteca) e chi li legge con calma e quassi con agiata pigrizia.

Quello non è un problema.

Io leggo un libro al giorno se non di più.

Eppure riesco lo stesso a gustarmelo.

Semplicemente, il vero lettore subisce direttamente sulla sua pelle la teoria che il tempo non esiste, che è soltanto una percezione.

Se voi amate leggere, e iniziate un libro, il tempo si ferma.

E’ congelato e seppure vi sembrano trascorsi soltanto pochi minuti, in realtà scoprirete che, il vostro è un viaggio nell’Altrove, nel regno fatato.

E sulla terra sono in realtà passate ore.

Quindi no, non parlo di quantità in quel senso.

Leggete quanto volete, come volete e dove volete.

Bramosi e pieni di voglia di avventurarvi in tante dimensioni.

L’ossessione alla quantità che dico io è ben diversa.

Non si leggono i libri.

Li si mostrano.

Chi più ne mette.

Chi più spacchetta.

Chi più mostra.

E in questa sfrenata corsa atta a divorare come idrovora impazzita ogni tappa ci rimette la lentezza e il silenzio che tanto servono all’essere umano.

Mentre andate di fretta, infatti, non vi stupirete più.

Non sarete sulla vostra poltrona preferite, spettinati e disfatti, con un sorriso grande quanto il mondo e immergervi in una diversa dimensione.

Sarete perfetti nella location perfetta, con la tazza perfetta e il libro che deve far pandan con tutto.

E questo fa diventare quel essere senziente soltanto un oggetto di consumo.

Quello che vi interesserà è infatti, l’apparenza.

La cover bellissima, lo scenario bellissimo, l’outfit bellissimo.

Ma zero stupore.

Zero introspezione.

Che chi legge tanto come me fa autonomamente, individuando e amando ogni elemento del testo, che riporta a altri elementi, a altri testi, cosi come se davanti a noi, tornati bambini, si trovasse una meravigliosa matrioska.

Questa mancanza di stupore e di amore per il libro, vi rende anche un po’..come dire ossessionati da quello che Gregory Bateson chiama l’acme.

In cerca di quel picco di emozionalità da divorare, vorrete sempre di più.

Sempre di più.

E non sarà la voglia di sognare a guidarvi.

Sarà l’ossessione di trovare qualcosa in grado di stupirvi.

Ma come potete stupirvi se il vostro obiettivo è collezionare numeri, like e traguardi?

Ecco che cercherete l’originalità a ogni costo.

Fissati su piattaforme senz’anima, cercherete sempre il dato e sempre meno l’anima.

Ecco da dove deriva l’ossessione contro cliché, avverbi, struttura e compagnia bella.

E i cliché, che in realtà sono semplicemente simboli, archetipi, figure, e idealtipi, diventano tristemente ignorati.

Invisibili.

E non comunicano più. Non raccontano più l’anima dell’uomo.

Ne la loro volontà di andare sempre dietro a chimere.

Ecco che il libro, pieno di un calderone antico di simboli, di tipi logici alla Jung, viene ignorato.

Fino a non esistere più.

Perché è e diventa invisibile.

Ecco quando sarete ossessionati da questa parola, originalità, leggete il libro di Ruffilli.

E troverete un mondo.

Un tesoro.

Tipi maschere e figure.

Che ristabiliscono in modo immediato, semplice e accattivante una sorta di continuità con un passato che diventa presente e si prepara a crescere come futuro.

In ogni libro troverete un’idelatipo, o come direte voi un clichè.

E in quello non solo libri indimenticabili ma una parte di voi stessi.

Perché come direbbe Pirandello, ognuno indossa la maschera adatta allo scenario che si appresta a calpestare.

Con il sipario che si alza e un inchino a un consesso strano che assiste alla nostra recita.

E nel recitare una parte che è la rappresentazione di un lato di noi, forse siamo sempre più uomini e mano burattini.

Guitti forse.

Commedianti.

Sfaccettature di un infinito che i libri ci invitano soltanto a riconoscere.

Come patrimonio culturale è vero.

Ma sopratutto come mappa per un anima piena di meraviglie persino di ostacoli.

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