“Il compleanno” di Carol Wyer, Hope Crime. A cura di Alessandra Micheli

Ho letto questo splendido thriller tutto d’un fiato, di notte, con gli occhi che reclamavano il loro riposo ma la mente non gli dava affatto spago.

E non lo nego, il contenuto è forte e può anche apparire disturbante.

Eppure è necessario che sia conosciuto e sopratutto che tutti noi cittadini, esseri umani, uomini prendiamo coscienza che il male, quello banale, quello troppo scontato, quello che non porta strani copricapi in testa, ne indossa vesti id pelliccia, nè possiede piedi caprini, non ha nessun limite.

Tocca tutti.

Forti e deboli, bambini, donne anziani.

Tutti.

Perché in un delirio patologico (ragazzi il male nasce da una patologia inutile girarci attorno) l’altro viene spersonalizzato, messo in un angolo e trattato come capro espiatorio di ogni frustrazione, facendosi carico di ogni dolore, di ogni torto.

Diventa il sacrificio supremo a quella divinità che fissa feroce la sua creatura in un rito taumaturgico.

E cosi nulla sfugge ai suoi artigli.

Ne le cittadine apparentemente tranquille.

Ne i giorni di letizia, ne svaghi innocenti, ne una semplice passeggiata.

Nulla.

Ecco che il compleanno si apre proprio con uno scenario quotidiano, una bella festa colorata, allegra e innocente.

In quel mondo ovattato, al sicuro con la gestione di adulti responsabili, accade la tragedia delle tragedie: la scomparsa di una bambina.

Ecco che gli eventi precipitano in un abisso di orrore e rabbia, di troppi perché e poche risposte fino alla risoluzione finale, l’ultima pagina.

Che però miei lettori non lo nego, non risolverà un bel nulla e anzi ci lascerà più domande che mia e un senso strisciante di angoscia, perché la sicurezza è e resta una chimera.

Come possiamo essere sicuri e protetti, se la stessa mente umane è minacciata da impulsi incontrollabili?

Quando il passato incide cosi profondamente su noi portandoci verso traumi che scindono l’ombra trattenuta a forza dalla coscienza e la rendono il nostro alter ego tenebroso?

Non si può.

Non si può proteggere nessuno se non si è consapevoli della reale natura del male.

Noi pensiamo a qualcosa id eclatante, di minaccioso.

Di orribile e deforme.

Eppure..

La stessa Hannah Arendt ci ha illuminati sulla morfologia dello stesso.

Non un essere scaturito dai peggiori incubi, informe e tragico.

Ma spesso persone anonime, solitarie, invisibili.

Nessuno si accorge che, dietro il volto a tratti bonario dell’altro, privo di chissà quali reconditi misteri si agita l’abisso.

Nessuno si è mai reso conto che è dalla piattezza dei gesti ripetuti, da comportamenti eccessivamente perfetti si nasconde un mostro tentacolare.

Ecco che risolvere il caso divine davvero difficile.

Chi è sospettabile in realtà è innocente.

E in questa strana giostra i veri innocenti soccombono a una furia che è più tragica perché quasi abbellita da una strana volontà estetica di trasformare la vittima in una bambola.

Credetemi, la lettura di questo adrenalinico thriller vi lascerà a bocca aperta.

Scorrevole, ma noioso, non scade mai nell’ovvietà di certe americanate che sacrificano la psicologia dei personaggi all’immediatezza delle azione.

Qua non vi è mai eccesso di crudezza, proprio perché è il reato a esserlo in toto.

E ogni tanto partecipiamo alla stessa frustrazione di chi, pur radunando i pezzi del mosaico non riesce però a creare il vero puzzle.

Rimanendo non già un supereroe, ma una figura imperfetta e forse per quello ancora più incredibile, ruvida ma capace di fare la scelta giusta, di andare oltre i propri limiti e considerare la vittima

E in fondo è la sua salvezza.

Perché all’ultimo atto, la frustrazione si trasformerà in orrore e in una riflessione che ci pone tutti come complici: è nell’indifferenza che si alimenta la mostruosità del male.

Libro perfetto, vero e proprio gioiello del genere.

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