“Lacrime di Elicriso” di Margherita Maria Messina, Words edizioni. A cura di Barbara Anderson

La sofferenza è per definizione quella condizione tormentosa provocata dall’assiduità del dolore.

La sofferenza non è come il dolore, una semplice sensazione, non è un’emozione come la tristezza o la paura è quella condizione che comprende tutta la nostra mente, composta non solo da emozioni negative ma da qualità della nostra stessa coscienza.

Nella sofferenza psicologica oltre alla sensazione di non avere via di uscita (rassegnazione) percepiamo un forte cambiamento, non siamo più quelli di prima: ci sentiamo stanchi, abbiamo scarsa concentrazione, siamo privi di stimoli e di interessi, siamo irritabili e a disagio in una pelle, un’anima e un pensiero che non ci appartiene.

Ci sentiamo estranei nel nostro stesso essere.

Quando nella vita commettiamo errori, impariamo una lezione, quella che definiamo esperienza, ma la sofferenza di per sé non è maestra, non ci insegna nulla, mentre il dolore invece insegna solo a chi ha il coraggio di starlo a sentire (come diceva S. Freud).

Poi c’è l’amore, quando amiamo diventiamo le persone più vulnerabili del mondo e amore, dolore, sofferenza, sacrificio purtroppo viaggiano sullo stesso binario, destinazione felicità, attraverso un viaggio tra inferno e paradiso.

Questo bellissimo romanzo che già dalla cover e dalle prime pagine appare curato e delicato, come una lacrima quando scende sul nostro viso, ci sfiora delicato e leggero creando dei solchi nel nostro cuore e nella nostra anima che sono abissi emozionali.

Un libro non si giudica dalla sua copertina ma è anche vero che una bella cornice valorizza un bel quadro.

Piccole carezze gotiche e oscure avvolgono il lettore tra luci e ombre, ciò che è rivelatore e ciò che è rivelabile.

È nel buio che si celano i nostri più intimi segreti, i desideri quelli più puri ma anche oscuri e malvagi.

La storia percorre tempi diversi che avvicinano due universi paralleli, quello della sofferenza e quello dell’amore.

Una donna trafelata dal suo dolore sta profanando una tomba sotto la pioggia incessante a mani nude tra fango e argilla, scava per poter raggiungere quella bara sepolta, quella bara che contiene tuto ciò che rappresentava la vita, la gioia del vivere, l’amore unico e incondizionato. Elora Ophelia giace in tutta la sua grazia e pallida bellezza, gelida come solo la morte sa essere, gelida come solo la vita a volte ci appare.

Colei che ha profanato la tomba ora brama solo vendetta.

Due anni dopo incontriamo un medico alienista, Edward Harm, il giorno del funerale di sua moglie Catherine, irritato con sua moglie per non aver atteso l’autunno per morire preferendo l’afosa estate. Ora è di nuovo libero: annoiato dalla cerimonia, alla presenza degli ospiti ci rivela in tutta la sua freddezza e distacco quanto il suo matrimonio fosse infelice. Edward affoga la sua sofferenza non tanto per la perdita della moglie quanto per il non essere mai stato appagato e felice, nell’assenzio.

Edward si è immerso nel lavoro per stare lontano dal suo disagio familiare, curare la vita degli altri quando è di fatto la tua che avrebbe bisogno di aiuto sembra quasi un’ironia della sorte.

Edward deve fermarsi un attimo e prendersi cura di se stesso perso tra i suoi pensieri. Si mette a camminare senza meta nel cimitero osservando le varie lapidi e ignorando i propri pensieri finché non vede una donna, avvolta in pizzo nero, un’apparizione improvvisa che riaccende il suo desiderio, una creatura stupenda che gli appare davanti agli occhi e poi sparisce.

Edward vive in una casa ora vuota piena di tutto ciò che gli ricorda sua moglie e la sua infelicità. Legge il saggio di Freud è studia la psichiatria, l’isteria.

Nel corso degli anni senza rendersene conto aveva assorbito tutto ciò che aveva visto nel sanatorio dove lavorava. La follia, l’isteria, la pazzia, quei volti smarriti terrorizzati, spaventosi, quegli occhi pieni di terrore, di tristezza, di alienazione totale, di delirio.

Il timore del vivere che aveva alienato i suoi pazienti dal resto del mondo e lui che aliena se stesso occupandosi di loro, delle loro menti, delle loro malattie.

Il manicomio era per Edward il suo lavoro, la sua vita e il suo rifugio.

La rappresentazione dell’isteria attraverso la sua paziente Mary è straordinariamente toccante, una proiezione delle condizioni dei sanatori in epoca Vittoriana, poi non così distante da quelle di oggi.

Ed è un medico che ascolta i suoi pazienti, che utilizza un approccio olistico alle cure, è un medico atipico, rivoluzionario, niente vasche di acqua gelata, niente salassi o lobotomie come facevano i suoi più esimi colleghi.

Nello stesso sanatorio c’era il paradiso e l’inferno, e tutto era lasciato al caso e a quale medico ti sarebbe stato assegnato. Il paradiso era nell’ala Nord dove esercitava il Dr Edward Harm.

Edward combatte contro i mostri che albergano nella sua mente intossicata da ciò a cui aveva assistito nella sua professione malata, dal male di un matrimonio infelice con una donna bella ma arida di sentimenti, che lo disprezzava continuamente. Eppure sembra che lo spirito della moglie defunta lo stia perseguitando. Lui la cerca, la vede negli occhi della gente che incontra, la sente forte e presente, anche minacciosa come l’angoscia e la tristezza che lo avvolge.

Quella misteriosa donna coperta di pizzo nero sembra apparire ai suoi occhi in diverse circostanze fino ad avere la fortuna di conoscerla: Ophelia Blackwood dalla voce suadente. Le movenze delicate lo inebriano già dal primo incontro.

Ophelia ha un dono, lei ha un metodo innovativo con cui segretamente assiste il farmacista Dr. Henry, le basta guardare una persona per capire quale sia il problema di salute e attraverso la sua ampia conoscenza di piante ed erbe medicinali trova la cura per ogni male.

Ophelia come Edward ha una missione: quella di curare di guarire chi sta male.

In Edward vede solitudine, oscurità.

Ophelia piange lacrime cremisi perché ha un segreto nel cuore, quello della sua sofferenza, quello del suo terribile passato da cui si sta nascondendo, proteggendo o solo scappando.

Seppur diversi Edward è Ophelia hanno molto in comune.

Attraverso descrizioni accurate e un linguaggio ricercato, si crea leggendo un’atmosfera veramente affascinante che mi ha lasciata sorpresa a ogni pagina.

Edward ormai perso nel baratro della sua disperazione chiede aiuto a Ophelia, vuole che sia lei a occuparsi di lui, a guarirlo e si affida con tutto se stesso alle sue cure.

Ormai distrutto da alcool e morfina Ed sta rischiando la sua stessa vita.

Edward vuole aiutare Ophelia, offrendole alloggio e lavoro. Ophelia vorrebbe aiutare Edward a guarire dalla sua sofferenza e dipendenza da sostanze stupefacenti, alcool e dal lavoro.

Catherine è morta ma la sua presenza è forte intorno a Edward. Ophelia la vede, la sente ne percepisce la minaccia e lotta con tutte le sue forte per capire i motivi per cui lo spirito di questa donna sia ancora lì, intenzionata a fare del male al suo vedovo marito.

È morta ma ha ancora il totale potere della vita di Edward.

E attraverso incontri paranormal, attraverso il baratro della disperazione inizia qualcosa di spettacolarmente bello che sboccia dai rovi del dolore davanti ai nostri occhi.

Ophelia ha il meraviglioso dono dell’empatia, le piace essere utile ma cerca di non mostrare se stessa a Edward il quale con costanza, con attenzione, con pazienza riuscirà a conquistare la fiducia di Ophelia. Le sue paure di non essere in grado di riuscire ad aiutare i suoi pazienti, il terrore del fallimento lo sta logorando nell’anima.

Il profumo delicato di Ophelia, l’onore dei suoi ricordi, delle sue memorie si inebriano dell’essenza di elicriso attraverso un vortice di follia, attraverso il desiderio. Edward e Ophelia diventano la malattia è la cura l’uno dell’altro.

Le parole hanno la capacità di curare l’anima. Ophelia rappresenta quanto di più bello è la vita mentre Ed rappresenta le difficoltà dell’esistenza e le sofferenze.

L’una può non solo esistere in virtù dell’altra ma può anche coesistere in nome dell’amore per se stessi e per il prossimo.

Un messaggio stupendo di amore, di altruismo, di dedizione verso gli altri, un libro dedicato a chi sacrifica la sua vita in nome di tutto ciò che teme ma in cui crede.

Si può morire per amore così come si può continuare a vivere. 

Assolutamente una bellissima lettura ricca di fascino, di verità, di empatia, di altruismo. 

Ci si sente persi e smarriti all’inizio ma poi nel finale, per quanto doloroso, si scopre che l’amore non muore mai e che una storia può essere a lieto fine anche quando il finale non lo è. 

Non sono un’amante di romance ma confesso che se fossero tutti scritti con questo stile, con questa classe, con questa profondità e con questa narrativa meravigliosa potrei diventarne un’assidua lettrice.

Bellissimo dall’inizio alla fine.

Da leggere ascoltando la Cura di Battiato

Ti proteggerò dalle paure delle ipocondrie

Dai turbamenti che da oggi incontrerai per la tua via

Dalle ingiustizie e dagli inganni del tuo tempo

Dai fallimenti che per tua natura normalmente attirerai

Ti solleverò dai dolori e dai tuoi sbalzi d’umore

Dalle ossessioni delle tue manie

Supererò le correnti gravitazionali

Lo spazio e la luce per non farti invecchiare

E guarirai da tutte le malattie

Perché sei un essere speciale

Ed io, avrò cura di te

(Battiato)

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