“La casa nel vicolo” Maria Messina, Decima Musa Edizioni. A cura di Barbara Anderson

Spesso ci chiediamo se sia mai possibile inventare una macchina del tempo, inconsapevoli del fatto che per poter viaggiare avanti o indietro tra futuro e passato è sufficiente aprire un libro. 

Si può scegliere quale epoca vivere, in quali avventure gettarsi, quali esperienze ed emozioni sperimentare.

Quando si apre un romanzo della casa editrice Decima Musa si fa un viaggio indietro nel tempo, si viene trasportati in un passato a volte cupo e sofferto ma dal grande fascino e dalle trame che sono testimonianze di un’epoca che fu e che ci mostra le nostre origini, la nostra cultura, la nostra evoluzione come Paese, ma anche come donne.

Maria Messina è una donna che lascia ai posteri una testimonianza letteraria della sua epoca meravigliosamente scritta.

Una letteratura tutta al femminile ma in anticipazione dei tempi, anche femminista. 

I suoi romanzi sono una testimonianza ma anche una denuncia; attraverso il suo realismo letterario ci mostra senza filtri la quotidianità delle donne del suo tempo.

Questo romanzo che ho trovato dolorosamente bello, poetico e affascinante sotto ogni punto di vista fu scritto nel 1982.

Maria Messina, una donna dall’aspetto gracile, fragile, minutina, dimostra non solo una grande forza d’animo ma anche un estremo coraggio scrivendo la vita delle donne dietro le mura domestiche, soggiogate e schiave, private di ogni indipendenza e di ogni sogno e desiderio.

Leggere questo libro è stato un po’ come entrare nella casa delle protagoniste, violare in un certo senso quell’intimità domestica percependone profumi e atmosfere, in una casa modesta, umile dove il suo balcone affaccia proprio sul vicolo dove si trova. Un vicolo che sembra cieco, senza via d’uscita, là dove i sogni escono, si condensano e restano intrappolati dietro le convenzioni, la cultura di un’epoca dove essere donna significava vivere al servizio dell’uomo.

Nicolina la prima giovane fanciulla che incontriamo si trova proprio sul balcone che affaccia sul vicolo, presa dal suo cucito, sforzando gli occhi perché si sta facendo sera e la luce diventa scarsa, ella composta, mesta, in un fascino che confesso appare colmo di femminilità perché di fatto anche io sono ancora radicata al ruolo femminile e al patriarcato, dove la donna rammenda e l’uomo lavora e quando torna a casa riposa. Ma qui tutto ci viene mostrato nella sua quotidiana violenza, una violenza che sembra familiarità e che invece è prigionia: prigionia di una società, prigionia di un’epoca storica, prigionia di una condizione sociale di sottomissione, di minoranza.

 La donna diventa un oggetto, una bambolina che deve restare silenziosa e servile accanto al suo uomo.

 Nicolina è la sorella della padrona di casa Antonietta, moglie di Don Lucio e mamma di 3 figli.

 Siamo nella Sicilia, nel cuore della sua cultura antica, ricca di tradizioni, di profumi, di storia.

Maria Messina abile nel descrivere non solo la casa, ma le atmosfere e gli stati d’animo di chi in quella casa viveva e forse ogni giorno in silenzio moriva.

La delicatezza dei gesti, la mesta compostezza, il garbo.

Nicolina per aiutare sua sorella Antonietta nella cura dei figli, del marito, cerca di compensare l’assenza di attenzioni che la moglie dovrebbe elargire a suo marito Don Lucio, ma un figlio piccolo, dalla salute cagionevole la tiene impegnata e cerca di dedicare tempo a tutto, soprattutto suo figlio bisognoso di cure e di attenzioni, così Nicolina deve prendersi cura anche di suo cognato.

Tutti in quella casa devono avere l’accortezza di non disturbare, di non far rumore, quel terrore di disturbare il riposo di Don Lucio rientrato a casa dal lavoro dove viene servito e riverito dalle due donne mi incanta e mi spaventa.

Don Lucio non andava disturbato per nessun motivo. Un uomo del suo tempo che ai miei occhi di donna moderna disgusta, freddo, arrogante, pieno di sé, distaccato, disinteressato perfino verso i suoi stessi figli.

Chiunque in quella casa non si trovasse lì per servirlo e compiacerlo era una forma di disturbo noiosa e fastidiosa.

Don Lucio soggioga le due donne e anche i suoi figli incutendo loro paura che ai suoi occhi è una forma di rispetto. La salute di un bimbo malato vale molto meno del riposo di un adulto che lavora e provvede per la famiglia.

Antonietta, devota e servile, ha tramandato a sua sorella la stessa abilità di prendersi cura dell’uomo di casa.

La prosa è fortemente suggestiva, descrittiva e poetica, e ci sbatte sotto al naso un modello sociale che mi ha terrorizzata.

Un’autrice che trova il coraggio di raccontare la quotidianità delle donne della sua terra natale, la Sicilia, trova tutta la mia ammirazione. Pensate che questa storia fu pubblicata a puntate nel 1929.

Donne allevate, cresciute ed educate all’unico ruolo che le compete nella vita, quello di occuparsi della casa, dei figli e soprattutto prima di ogni altra cosa del proprio marito. Obbedendo solo ed esclusivamente agli ordini.

Donne che mai si ribellano, che mai dicono di no perché quello è il ruolo che gli è stato imposto fin da bambine.

Queste donne, recluse in casa, da sorelle iniziano a diventare perfino rivali e nemiche, in un crescendo di situazioni dolorose in cui Don Lucio, trascurato da sua moglie, riversa il suo interesse prettamente egoistico narcisistico e fisico alla cognata e Nicolina vede la sua giovinezza sfiorire via dedicando tutta sé stessa ai figli di sua sorella e a suo cognato, ferendo inevitabilmente sua sorella e anche i suoi nipoti che crescono in una casa dove ci sono cose che non dovrebbero esserci ma che Don Lucio decide sia giusto che sia così.

Il piccolo Alessio diventa grande e crescendo inizia ad avere voglia di scoprire il mondo ed esplorare sé stesso, combattuto tra l’amore per sua mamma, per suo padre e per la sua amorevole zia, si rende conto della situazione domestica in cui era cresciuto e consiglia perfino alla zia di andare via, di vivere la propria vita, ma ormai per Nicolina non c’è più tempo, gli anni migliori sono andati via così come le occasioni per mettere su la sua famiglia senza dover approfittare di quella di sua sorella.

La sofferenza di tutti i membri di questa casa contrasta molto con la felicità di Don Lucio perché l’importante era che lui fosse appagato e felice. Nessun altro dentro quelle mura era degno né di tempo né di attenzione né di amore a parte lui.

Maria Messina fu una giovanissima autrice che all’età di 20 anni fu colpita da sclerosi multipla; considerata dai critici letterari come un’autrice che segue il filone narrativo di Verga e Pirandello, matura nel tempo un’identità tutta sua, con storie così vere e realistiche che hanno un fortissimo impatto sull’animo femminile.

Questa autrice merita di salire sul podio dei classici del 900. Una scrittura potente e disarmante.

Quanto erano forti le donne della sua epoca, deluse, recluse, che però nel profondo della loro anima avevano una grande forza, un grande coraggio, perché ci vuole coraggio anche ad abbassare la testa e subire. Donne alle quali l’istruzione era negata perché dovevano dedicarsi al marito padrone.

Maria Messina muore a 57 e viene quasi dimenticata, ma una donna che viene messa a tacere trova sempre il modo di far sentire la sua voce e se parlare non è concesso, si scrive su carta e penna, parole, sentimenti emozioni ma soprattutto la verità, una verità di cui non possiamo andare fieri ma a cui dobbiamo chinare il capo per prendere il coraggio di risollevare la testa e alzare lo sguardo verso tutte le opportunità che sono state negate alle donne del nostro passato e vivere la nostra libertà e indipendenza anche soprattutto per loro che quella indipendenza osavano solo sognarla.

Donne come Maria Messina pioniere del tempo. 

Grata come sempre a Decima Musa per riportare alla luce queste donne straordinarie e non solo per divulgare le radici delle donne ma anche per mostrarci l’evoluzione della lingua italiana che confesso, in passato, aveva un fascino assolutamente travolgente.

Mai come ora abbiamo bisogno di donne di questo carisma e coraggio perché la battaglia per l’indipendenza femminile non è ancora terminata.

In questa storia un’altra stella del firmamento della meravigliosa letteratura italiana giunge a illuminare la mia libreria di lettrice appassionata di ogni tempo, di ogni luogo, di ogni epoca. 

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