Cinque appuntamenti con il buio Nicola Catalano, Horti di Giano. A cura di Alessandra Micheli

L’altra parte della luna è il luogo più seducente che possiate mai incontrare.

Lo so, lo so mio lettore.

Ti hanno raccontato che soltanto il giorno può essere simbolo di gioia di felicità, di vita.

Ma non è cosi.

Per quanto lo vogliamo negare è in altri luoghi in cui viaggia la tua essenza.

Fatta di sottilissimi fili che ci uniscono a una dimensione che appare nei sogni, bei ricordi, quelli segreti è nascosti: the dark side of the moon.

E se cosi non fosse, se questo piano di dimensionale non fosse il nostro amico più intimo, non avremmo mai avuto l’arte.

Ne il più bell’album che sia mai stato scritto aggiungo.

Perché è in quella notte che appare senza fine dove la paura ha occhi di brace, che noi ritroviamo noi stessi.

E non l’immagine rubiconda che diamo al mondo di tutti i giorni. Quella maschera appiccatasi al volto e impossibile quasi da strappare via, come se il solo pensiero potesse assicurarci chissà quella orribile pena.

Non è nelle linee di un volto che non racconta nulla di te, se non di simmetria e di cultura.

Ma è dentro di voi.

Nelle pieghe dei terrori notturni, nei desideri inconfessati.

In quelle lacrime trattenute e cristallizzate affinché si poggiassero all’angolo dell’occhio.

Incapaci di scivolare via, ma impossibili da perdere.

E’ per questo che spesso definisco i racconti paurosi fondamentalmente romantici.

Ma non perché celebrano tutto ciò che la cultura ha definito come glorioso, desiderabile, delicato o splendido.

Il romanticismo è spesso legato alla nostalgia, di un qualcosa di perduto impossibile da ritrovare.

Il romanticismo è nel rimpianto costante, lamento che solca i cieli e arriva fino al regno dell’Altrove.

E quelle struggenti note fanno crescere fiori, fiori che qualche anima salda decide di recidere e portare di nuovo sulla terra.

romantico è il lugubre suono di mille stridenti violini, che ricordano le grida di anima ingabbiate, da troppi secoli in dorate gabbie senza poesia.

Ecco perché persino l’orrore che è disturbante e macabro è salvifico. Ci porta a distruggere ogni convinzione.

Ci risveglia e ci fa desiderare la nostra vera casa.

Un amore che è fatto persino di sanguigne lacrime, fatte di perdita e dolore, ma capaci di nutrire la terra, affinché altri amori, altre passioni possano dalla terra stessa essere alimentati e trovare quella forza che è mancata ai propri progenitori.

Non bisogna avere paura di nessun buio.

Neanche quando appare cosi pesante, cosi impossibile da tagliare.

Catalano c’è entrato con una strana raffinatezza.

Descrivendo cinque strade, ognuna capace di parlare al proprio cuore.

La pazzia, il sogno e il rancore.

Sentimenti che noi vogliamo seppellire, senza dare loro una carezza e una sorta di compassione.

Perché dobbiamo essere sempre perfetti.

Sempre la top, sempre vincenti.

Incontrare il buio, specie in questo libro significa invece essere nudi. Essere se stessi cosi storti, sghembi imperfetti.

E andare a abbracciarlo nonostante quella rosa che emerge dai suoi bagliori argentei sia fatta soltanto di spine e pochi petali.

E pungolando il cuore, da troppo tempo protetto, fa scendere su una terra assetate gocce di vermiglio elisir vitale.

E la nutre.

Affinché essa possa creare altrettante orse, magari non sempre meno spine e sempre più petali.

Perché nel buio esiste la magia che il mondo rinnega.

Ma per comprenderla dovete urlare di orrore.

Dovete respingere le seduzioni del buio.

Perché più le respingerete, più sarete assediati da quelle immagini create da una penna che non lascia scampo.

Fino a chiare la testa e entrare quasi rassegnati in quel chiarore oscuro.

E in quel momento, fidatevi, non sarete più pallidi esseri umani, ma stelle che possono di nuovo sorgere.

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