” La gran dama” Pitti Duchamp, self publishing. A cura di Micheli Alessandra

 

La difficoltà di uno storico è quella di creare un sortilegio capace, non solo di far rivivere epoche passate, ma di diventare letteralmente una macchina del tempo, in grado di trasportare il lettore nella storia, creando una sorta di salto temporale che confonda presente e passato.

Ed eccomi qua dopo essere stata quasi fisicamente presente nelle corti del 1851 tra balli, cottillon, corteggiamenti amori e intrighi politici. E sopratutto davanti a uno dei più grandi statisti a cui dobbiamo l’idea stessa di Italia Camillo Benso conte di Cavour. Una piccola digressione. Mentre la meravigliosa penna di Pitti mi faceva incontrare uno dei miti per ogni storico che si rispetti, non ho potuto esimermi dal chiedergli perdono. Perdono per quello che oggi abbiamo fatto dei tanti sacrifici per darci un nome, un amor proprio e una nazione. Perdonaci Cavour

Ovviamente la scorrevolezza del testo e la bellezza delicata e raffinata della storia di Gerardo e Matilde non può che conquistare tutti i cuori,. Compreso il mio, indurito da tanti horror e da tanti thriller. Ma ovviamente c’è di più.

Non vi troverete di fronte a un semplice romance storico, pervaso dalla soave narrazione di amore acerbo e importante. Certo è che devo lodare la straordinaria capacità dell’autrice di evitare l’eccesso fisico, favorendo piuttosto la psicologia dei sentimenti, unica in grado di rappresentare l’idea della crescita e dell’impegno che, spesso, gli amanti impiegano per capirsi e trovarsi. Quello che leggerete con sicura passione è la perfetta e semplice descrizione di uno dei periodi più oscuri e spettacolari della nostra italica storia. Un omaggio garbato e orgoglioso non soltanto al mio mito storico, ma a un senso di patriottismo che stiamo inesorabilmente perdendo.

La storia inizia nel 1851 nel periodo in cui il nostro Camillo Benso conte di Cavour fu presidente del consiglio dei ministri del piccolo ma ambizioso regno di Sardegna ( Principato di Piemonte con il Ducato di Savoia, la Contea di Nizza e di Asti, il ducato di Aosta, il ducato del Monferrato, la signoria di Vercelli, il marchesato di Saluzzo ed una parte del ducato di Milano a questi si aggiunse poi il Ducato di Genova, in seguito all’annessione della Repubblica di Genova decisa dal Congresso di Vienna) e fu il protagonista indiscusso del risorgimento. Tutti noi conosciamo sicuramente le favolosa gesta degli uomini politici e dei sognatori di quell’epoca travagliata: il sogno di realizzare, finalmente un unità territoriale. Morale e valoriale, denominata Italia. Eh sì dobbiamo a loro, a Cavour Garibaldi, Picacane, Mazzini la realizzazione di quel meraviglioso sogno. Ad altri effimere figure invece dobbiamo la sua degradazione costante. Ma tralasciamo la bieca politica e torniamo al romanzo.

Innanzitutto voglio raccontare la storia d’amore che è una delle colonne portanti che consacra la nostra Pitti nell’olimpo delle autrici interessanti e da tenere d’occhio.

La sensazione fisica del fruscio delle ingombranti gonne, l’adrenalina dei leggendari quanto inquietanti drammi di corte, sono perfettamente delineati in un rosa che in realtà è qualcosa di più. E’ la storia che si rende viva palpabile sfuggendo finalmente dalle astrusità intellettuali dei nostri atenei perché la storia è viva, pulsante, la storia ha tanta voce da farci udire, ha ancora tanto da raccontare. Consigli da elargire, moniti da donarci. Ci fa comprendere come, nonostante le differenze ambientali, culturali, politiche, di valori c’è un unica cosa che resta il perno su cui lei si muove in senso circolare: l’essere umano. Con tutte le sue emozioni, i sogni, le speranze i vizi e le virtù. E la bellissima protagonista nonostante i vestiti eleganti, le convezioni non è che una giovane donna che,. Nonostante gli impedimenti non smette di provare a lasciare il suo segno nel mondo. L’amore qua rappresentato, nonostante perfettamente inquadrato nel suo tempo, non è affatto diverso da un qualsiasi incontro fatale che ognuno di noi almeno una volta nella vita abbiamo avuto la gioia e il terrore di incontrare. Un sentimento che abbatte e non è una frase banale, letteralmente le barriere, gli scudi innalzati per proteggerci dalla delusione ma anche i pregiudizi che fanno da cornice anzi direi da velo, a ogni giovane che si trova di fronte allo spettacolo dell’incontro. Quello che attrae Gerardo è la diversità unica della sua dama. Un uomo annoiato dalle facili conquiste, un uomo forse incattivito dalla politica e dagli intrighi che a essa ci accompagnano, stanco e sopraffatto dia suoi doveri, ravvede nell’anima grandiosa della bella Matilde un’anima particolare, affine alla sua ma soprattutto un modello di donna fuori dagli schemi. E qua non posso che applaudire Pitti nell’aver delineato una figura di donna di questo calibro. Non un eroina lacrimosa e sofferente, preda di turbamenti adolescenziali, ma una donna conscia del proprio potere non soltanto fisico ma mentale. Matilde è intelligente, colta dotata di quella raffinatezza che, soltanto l’intelligenza e il buon gusto possono regalare. E’ esempio di lusso, quel lusso che come ci racconta Coco Chanel non sta nell’ostentazione della ricchezza ma nella totale assenza di volgarità Matilde è estranea ai costumi dell’epoca perché rispetta cosi tanto se stessa da non vendersi. Capricciosa forse ma dotata di una forza e di una dignità che andrebbe presa d’esempio alla donne di oggi, troppo prese dalle tante eroine con ormoni ballerini che per un attimo di piacere vendono se stesse. Lei no. Lei vuole conquistare l’amore e si rende conto che soltanto quel sentimento la può donare serenità a gioia. Non la bellezza. Non il lusso ma sapere che per qualcuno sei il porto sicuro da cui tornare:

Matilde era cresciuta, maturata, era diventata più attenta e critica, più allenata ad inquadrare le persone a prima vista, si era costruita inconsapevolmente una sorta di torre immaginaria da cui lei poteva scrutare tutti ed essere ammirata ma mai nessuno riusciva ad avvicinarla seriamente, a toccarla.

Matilde nonostante l’amore resiste e non si fa schiacciare dalla forte e contorta personalità di Gerardo dimostrando una forza e una capacità di lottare degna di una vera donna.

Matilde era fuori di sè: ma come si permetteva di imporle chi e quando doveva frequentare qualcuno? Lei era assolutamente in grado di discernere le persone rispettabili da quelle a cui si doveva girare alla larga.

Matilde era romantica ed appassionata, orgogliosa ed un po’ capricciosa visto che suo padre l’aveva viziata in ogni modo possibile ma aveva cuore ed era una donna responsabile, era colta, ed aveva studiato nelle migliori scuole d’Europa.

Come non amare profondamente questo personaggio cosi di classe eppure così umano? Impossibile. Altro che le solite eroine, questa descrizione mie care è il miglior omaggio che una donna fa a una donna. E il miglior regalo che Pitti può fare a tante giovani. Fatevi desiderare. Siete raffinate sicure di voi, eleganti e generose. Venerate l’amore ma anche la dignità, la classe innata e la capacità di scindere il valore duraturo dall’effimero:

Io voglio di più dalla mia vita. Voglio essere felice, ed amata. Voglio amare i nostri figli e voglio che loro mi amino e voglio arrivare alla fine della mia vita circondata dalle persone che mi hanno amato ed alle quali ho lasciato un bel ricordo. Lei non fa un buon uso della bellezza che Dio le ha donato”

C’è un ultimo elemento che desidero sottolineare. La storia che vi accingerete a leggere, non è soltanto la storia di Matilde. E’ anche quella dello sforzo di un uomo e di un re per dare a un popolo la sua libertà la sua autonomia la sua cultura. E’ la narrazione di intrighi che cercarono di far si che un piccolo stato, il Piemonte, fosse in grado di unificare sotto un unico territorio e un unico governo miliardi di piccoli frammenti diversi tra loro eppur cosi uniti e unici. E’ la storia della fierezza patriottica di chi credere in un sogno chiamato Italia, nella spettacolare forze di un popolo gli italiani. E’ la storia di un sogno che tuttora continua e che rivive con un orgoglio invidiabile nel racconto di Pitti. Ed è questa storia che noi dobbiamo rispettare, riverire e salvare. E’ quel sogno di Cavour a cui noi dobbiamo fedeltà. Orgogliosi di essere nonostante i tradimenti, le difficili condizioni di vita, italiani. Perché il giorno in cui perderemo quell’orgoglio saremo irrimediabilmente perduto. Grazie Pitti per non farcelo scordare anche oggi, che molti di noi si stanno staccando per rabbia, per depressione o dolore da quel sogno iniziato nel lontano 1851.

Maestà c’è onore nella fuga? Pensate che potrei fuggire salvando l’onore? Quale onore? E nel lasciare la patria in mano a persone indegne c’è onore? Nell’omertà o nell’ignavia c’è onore? Amo mio marito, amo il Piemonte, amo l’Italia, amo l’Europa. In questi amori risiede la mia libertà e liberamente scelgo

Ecco vorrei che queste splendide parole, ricche di un orgoglio oramai quasi ammuffito, possano essere sottratte alla cantina della nostra mente per poter di nuovo brillare alla luce di una consapevolezza che deve farci alzare la testa: siamo Italiani.

Consigliato e doveroso leggere e restare ammaliati dalla bravura di pitti

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