“Il colbacco di Sofia” di Francois Morlupi. A cura di Alessandra Micheli

Eccomi di nuovo davanti al foglio bianco, in attesa che i pensieri si radunino permettendomi di raccontarvi il libro.

O almeno cosa ha comunicato a me.

Conosco Francois da un anno credo e oltre a essere un bravo autore, di talento direi, è anche una persona particolare.

Nel senso che vive in un mondo fatto di etica e di valori.

E di ansia, tanto che ogni tanto sono quasi tentata di bloccarlo.

Ma questa è un altra storia.

E quindi so come nei suoi libri la sua vita interiore, i suoi ideali, emergono prepotentemente e forse sono loro, più dell’intero intreccio della trama a convincermi, ogni volta, a leggerlo.

Intendiamoci.

Cosi come nel precedente formule mortali, il Morlupi ( uso una sorta di professionale distacco) sa intrecciare le trame.

Sa creare, anzi descrivere gli ambienti facendo muovere i suoi personaggi in un intricato mondo ricco di sfumature dove il bene e il male a volte si confondono.

Sa come delineare le storie dei personaggi, dalla strana vice ispettrice Loy al mitico Ansaldi, rendendo ogni essere umano, profondamente umano, alieno da quella tendenza a tratti soffocante, che tende a creare eroi troppo distanti, edulcorati e quasi di plastica.

Il vero eroe, e il Morlupi (continuo con le distanze) lo sa, è quello che affronta la vita di ogni giorno, conosce la trappola delle ossessioni, vive i problemi interiori in modo totale ma non per questo paralizzante.

E Ansaldi è un tipo peculiare.

Insomma ha più paranoie e ansie di me e Fra messi insieme.

E questo perché il lavoro di ispettore non è quello che ci aspettiamo.

Mette al primo posto la giustizia ma…deve prendere decisioni, spesso con il peso della responsabilità tutta su di se.

Non lavora da solo.

Ha una squadra che si fida e si affida la suo intuito, alla sua esperienza alle sue SCELTE.

E sfiora il male, si fa bruciare da esso e cerca, in ogni modo di non lasciare che le cicatrici coprano tutto il suo corpo e persino la sua anima. Lotta contro la corruzione.

E spera che la sua artigliata mano, non lo contamini.

Ecco che i protagonisti, tutta la squadra di Monteverde ( la mia zona) è un conclave di persone che vivono accanto a noi.

Silenti ma pieni di coraggio.

Ma, come ogni intreccio thriller che si rispetti, dovranno soffrire ancora un po’.

Molto direi.

Dopo l’orrore del primo libro, con quegli omicidi a scopo rituale, portati avanti dai pazzi che non riescono a far convivere in armonia scienza e fede, si trovano catapultati in un altro abominio.

In altre vite spezzate che lacerano o minacciano di lacerare, ancora una volta, il loro equilibrio.

Tanto che questa perdita delle loro maschere, specie per la Loy sarà catartico e rivelatorio: in quest’angoscia lei verrà fuori in tutto il suo drammatico passato.

Ma evidenziando ancora di più la sua forza.

E un coraggio che la rende un esempio per ognuna di noi.

Non una donna che si fa vittima.

Ma una che, seppur costretta a indossare quei panni, non smette di sentirsi vincente.

E Ansaldi farà i conti con un altro male, quello che vive nelle zone del grigio, in un mondo che si sta ricostruendo, la Bulgaria, ma che stenta a lasciarsi dietro i metodi da KGB.

In fondo, un paese cresciuto nella dittatura e in una violenza sottile, corrotta, fatica a immaginare un modo di vita e di comportamento diverso.

Ed ecco che spunta non il Morlupi, ma Francois.

Che va dritto verso il cuore di ogni dittatura, di ogni tronfio senso di potere, per rivelarne la sua incommensurabile fragilità.

Un mondo, o delle persone che usano ideologie di tal guisa, non sono altro che persone senza identità che dietro la facciata del più forte si sentono meno sole.

Persone che perdono l’unica vera religione possibile, quella della compassione.

Per vendetta.

Per incapacità di concepire un esistenza diversa.

Per vigliaccheria quella che ti fa appoggiare un sistema di pensiero perché ha la routine confortevole dell’abitudine.

E forse anche il progetto delirante di chi vuole che la scienza venga spazzata via per un ritorno al passato, non è altro che qualcuno che è incapace di vivere davvero.

Perché in fondo l’unica religione possibile è quella che ci fa esistere.

E per esistere dobbiamo essere integri, senza lacerazioni, senza costruire altri Horcrux sparsi per la terra.

Che forse ci rendono immortali, ma condannati.

Ecco che come sempre dietro il thriller dalle venature perfette, dall’esordio brillante, il Morlupi (torno alla distanza professionale) anche stasera non permetterà al cervello di dormire.

Pensando che in fondo l’unico modo per ricostruire il mondo..è ri-pensarlo.

Ri-sognarlo.

E ri-nominarlo.

Un libro per ogni appassionato e anche per ogni idealista che non cede di fronte all’avanzare di un populismo vorace come quelle cavallette dal verde brillante, che però rendono i terreni sterili.

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