Review party “Find me” di Anna Frasier, Queen Edizioni. A cura di Alessandra Micheli

Stupirsi per un libro, nonostante ti senta una lettrice antica quanto la piramide di Giza…è questo il motivo per cui io e la vecchia ciabatta ( non che io sia un giovane virgulto in fiore) della Anderson siamo nel blog decise a leggere ogni tomo mai pubblicato finora.

E quindi voi scrittori, voi case editrici, stupiteci, stupiteci e stupiteci.

Questa sorta di sospensione di un incredulità che rischia di diventare snobbismo, come tante nostre “colleghe” è uno dei fattori indispensabili per essere lettori.

Non critici, badate bene.

Non ci interessa il plot o il wordbuilding.

Il lettore, quello autentico, certificato, deve semplicemente lasciare da parte, dimenticare anzi sostenere di non averle mai avute, le proprie convinzioni.

E non soltanto letterarie.

Ma persino umane.

E quindi quando si trova qualcosa che distrugge una certe visione dall’editoria e della vita, dobbiamo acoclgierlo come un fantasdtico dono.

Ora io ho considerato la queen come una delle migliori realtà in campi fantasy, spaziando amabilmente dal paranormale fino all’urban.

E quindi l’ho seguita e ho preso i suoi libri quando avevo bisogno di staccarmi dalla realtà.

Ma scrivere il thriller è un altra faccenda.

Non fraintendetemi.

Non serve un talento, perché quello beh bisogna che faccia parte dell’idea stessa di letteratura.

Non si tratta, quindi, di generi semplici da scrivere o banali.

Si tratta di animo.

Il fantasy, anche quello con scene gotiche o horror, contiene un se una sorta di leggerezza poetica.

Il thriller no.

Deve essere duro come roccia, deve toglierti il sonno e il respiro. Deve strisciare dentro di te e avvinghiarsi a un lato della tua coscienza.

L’ombra, miei signori.

Chi scrive thriller deve essere cosi forte a livello di psiche, cosi integro da poter prendere nell’ombra stessa ogni elemento possibile, sapendo che non rimesta tanto negli archetipi e nel calderone del mito, quanto nella mente.

E fidatevi è il luogo peggiore in assoluto.

Meraviglioso.

E spaventoso.

Tanto che spesso, quando il thriller è scritto magistralmente, mi provoca disagio , un disagio che difficilmente va via.

Cosa che il mio amato horror non si permette di fare.

Perché so, e lo so benissimo che tante perversioni descritte appartengono al mio oggi, allo ieri di ogni cultura.

E questo ferisce.

Ecco perché credo che il mio amato genere sia difficile, non da scrivere ma da guardare.

Resta appiccicato a te, ogni visione fa un po’ parte del tuo bagaglio sociale, perché non ci scordiamo che il malaffare, l’omicidio e ogni orrenda perversione criminale, la crea la società stessa, con le sue distorsioni.

Con le sue salde convinzioni scientifiche, con quella sua pedissequa scelta di credere in una morale che non spiegherà mai, e sottolineo mai, il perché una parte della società decide di distruggere l’assetto sociale di cui fa parte.

Ecco che da queste premesse la conclusione che supporterà le mie parole è questa: ci troviamo di fronte non a un esperimento, lecito per carità, di cambiare direzione.

Ma a una scelta consapevole e matura.

Pubblicare Anna Frasier significa dare a noi e persino ai neofiti un prodotto di qualità eccellente, strutturato come si deve, capace di contenere i saldi assunti de genere e al tempo stesso rendendoli unici e originali.

Quindi complimenti alla Queen che si incunea in questo difficile territorio con una professionalità rara e concreta.

Non deve abbassare lo sguardo di fronte a mostri sacri.

Ma fissa con orgoglio l’obiettivo.

Donarci brividi, ma anche riflessioni su quella strana creatura umana.

Ed ora seguimi mio lettore, perché per quel poco che posso ti accompagnerò all’entrate di quel mondo ma poi sarai tu da solo a doverlo affrontare, attraversare e guardare.

Come ho già asserito ci troviamo di fronte un libro molto maturo che contiene in perfetta armonia (anche se la parola armonia non è adatta per Find me) ogni piccolo dettaglio che attira i lettori di nicchia.

La trama è snella, molto definita e sopratutto capace di farci piombare in una realtà conosciuta e temuta: quella dei serial killer.

E tutto senza eccedere, uno dei difetti di questo genere, nel sensazionalistico e nell’assurdo.

Infatti, a una prima analisi sembra di assistere a una spietata radiocronaca, tipica purtroppo dei TG quando si imbattono in quelle cesure tipiche dei giorni di oggi.

E seppur la Frasier non si sofferma sul motivo per cui i serial killer abbondano, riesce lo stesso a fornirci una prima analisi dal sapore sociologico.

La noia.

Infatti, l’anonimato, la vita regolare, oserei dire banale, soffoca un po’ quella voglia di avventura e di emozioni forti indicando, nella famosa fame di acme emozionale, indicata da Bateson, uno dei primi vagiti con ci la violenza annuncia la sua venuta la mondo.

E’ quindi un processo che oserei dire “schismogenetico” (si indica con questo termine quell’insieme di interazioni tra individui o gruppi che dà origine a divisioni tra i gruppi o gli individui stessi. E’ una definizione coniata negli anni trenta dall’antropologo Gregory Bateson e poi da altri ulteriormente approfondita. E rappresenta un tipo di circolo vizioso che se non interrotto da qualche intervento esterno porta al manifestarsi di situazioni distruttive. Nella schismogenesi complementare, tipica delle società occidentali la differenziazione, si manifesta più frequentemente nei binomi comportamentali di autorità-sottomissione, assistenza-dipendenza, esibizionismo-ammirazione. Ciò che è essenziale per la nozione di schismogenesi è la struttura formale della relazione: le azioni reciprocamente stimolanti di un gruppo o di un individuo sono sostanzialmente diverse, ma reciprocamente appropriate. )

Questo significa preparare la strada alla violenza contro l’altro, che viene spersonalizzato proprio da questa voglia di emozioni sempre più eccessiva.

Ma ovviamente non basta.

Non tutti i soggetti schismogenetici diventano, ovviamente, degli assassini.

Serve ben altro.

E qua entra uno dei problemi dalla nostra società occidentale, ossia il fossilizzarsi su concetti che vengono elevati al rango di verità assolute.

E questa distorsione scientifica, se applicata a una delle branche della medicina più simile allo sciamanesimo, ossia la neurologia, ci impedisce di comprendere appieno il funzionamento della corteccia cerebrale, dei neuroni, in sostanza della mente e del cervello.

E studi che provano a sperimentare un approccio diverso con il cervello, vengono ancora visti alla stregua di esperimenti magico alchemici.

Eppure è tutto li.

Combinate problematica neurologiche non trattate con un mondo che ha bisogno del nemico e che ci porta a ambire l’acme di ogni emozioni.

Ed è fatta.

E la Frasier su questa dicotomica ci impianta un libro meraviglioso.

Agghiacciante, ma meraviglioso.

E lo fa servendosi si ogni archetipo e cliché possibile modellandolo come creta per poi renderlo originale.

Capite la bravura?

Dammi una trama semplice e io la coloro con elementi rinnovati che danno persino al lettore smaliziato la sensazione di non aver mai letto nulla del genere, puro talento miei lettori.

E quella capacità descrittiva, mai ridondante appicca sulla pelle sensazioni che dallo scritto diventano reali.

Tattili.

In quel deserto dove la vita si sforza di mostrarsi sentirete il calore di un sole deciso a rivelare ogni segreto.

E persino l’odore della decomposizione, non soltanto della morte. Ma di ogni certezza.

Sentirete ogni sensazione.

Ogni sensazione.

Fino a avere la convinzione di non essere più nella vostra camera, in un parco, nella vostra città..ma li ad assistere.

Come ci riesce?

Talento signori miei.

Puro adrenalinico, meraviglioso talento.

Come noterete mi sono tenuta vaga sulla trama.

E saprete perché?

Perché questo libro è simile a un mosaico.

Non posso parlarvi di un pezzetto senza svelarvi la visione d’insieme.

Quindi ora sta a voi farvi un bel giro nell’Inland.

Ma siate consapevoli che quel deserto, ogni suo odore, sapore e persino il caldo, non vi lascerà mai.

A me viene a visitare spesso nei sogni.

E ha occhi feroci di qualcuno che non ti aspetti.

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