Per il club di Aurora, il nostro blog propone un’approfondimento “Lo gnosticismo dietro il velo di Oblivion”.

Oblivion di Aurora stella è uno di quei libri capaci di suscitare visioni e suggestioni nel lettore consapevole.

Il tono quasi onirico lo fa derivare in modo diretto e senza ombra di dubbio dall’opera visionaria di Philip Dick, da cui l’autrice deriva sicuramente il suo estro. In sostanza si sente, si avverte che è stata cresciuta a pane e fantascienza. Ma attenzione. Non una fantascienza qualsiasi ma, lo ribadisco, ricollegabile a quella dickiana da cui trae, in modo oltretutto inconsapevole le suggestioni gnostiche. Ecc che ci si trova davanti a un’opera che racconta non solo la scienza, ma quella collegata alla filosofia mistica, e anche alle scoperte della fisica quantistica. Del resto lo stesso Einstein soleva asserire sempre:

La scienza contrariamente ad un’opinione diffusa, non elimina Dio. La fisica deve addirittura perseguitare finalità teologiche, poiché deve proporsi non solo di sapere com’è la natura, ma anche di sapere perché la natura è così e non in un’altra maniera, con l’intento di arrivare a capire se Dio avesse davanti a sé altre scelte quando creò il mondo

E infatti, per lui la spiritualità e quindi Dio si risolve in un progetto preciso, concreto e omogeneo:

Credo nel Dio di Spinoza che si rivela nell’armonia di tutto ciò che esiste, ma non in un Dio che si occupa del destino e delle azioni degli esseri umani.

Ecco perché trovo utile raccontarvi Oblivion riproponendovi la mia prima impressione sul libro, che lega, indissolubilmente religione, scienza e spiritualità in un corpus omogenico che deve la sua struttura a un libro lontano, raccolto nei deserti mistici di Nag Hammadi e racconta una lontana teoria molto ribelle, che verrà poi raccolta da un uomo per troppo tempo considerato un pazzo a cui Aurora fa uno strepitoso omaggio.

Buona lettura

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Fin dalla mia adolescenza ho avuto uno spiccato interesse per due apparentemente opposti argomenti, o campi di studio uno squisitamente esoterico, o per meglio dire gnostico, e uno prettamente scientifico, in particolare riguardo alle innovative scoperte di stampo einsteiniano che molto spesso si avvicinavano alla metafisica. L’esistente di universi paralleli, la teoria delle stringhe ben si sposavano con i bellissimi racconti narranti di un universo fondato su multilivello o come li chiamavano loro eoni, ognuno dotato di caratteristiche e regole specifiche. E questo strato su strato di realtà e percezioni allontanavano il mondo materiale dal piano di esistenza primigenio quello fondato di sola energia o luce, cosi come i cantori d’amore (e i catari) amavano descriverlo. Pertanto, il mio libro preferito da sempre è la pistis sophia, complesso, dispersivo e di difficile comprensione. Lo leggo ormai da anni (venti per l’esattezza se non di più) e sono molto lontana dal capirne tutte le sfumature. Quello che mi è sempre più chiaro, invece, è che questo testo, caposaldo della filosofia gnostica, è il substrato di molti testi specie quelli che vantano la derivazione fantascientifica. Oblivion fa parte di questo mondo. Influenzato da Asimov, Da Bradbury e da film quali la fuga id Logan, si muove in un piano di esistenza doppia, dicotomica anche se in realtà a una più attenta analisi è unitaria. La diversità è rappresentata dal codice con cui lo sui vuol leggere se in chiave metafisica o fisica, ma l’argomento è lo stesso: un testo di rivendicazione della realtà vera, non oscurata da veli come percezioni instillate da cultura e abitudini e la consapevolezza, da sempre presente nell’uomo di vivere, quasi in una sorta di gabbia. Bradbury, e Orwell lo hanno ben esplicato, questo senso di claustrofobia, denunciando la ossessiva presenza di un grande fratello o di un tabù entrambi nati con lo scopo di sottomettere e manipolare l’uomo e il suo pensiero, e di conseguenza tutta la realtà che, dal pensiero, scaturisce. Togliere libertà di azione equivale a limitare la capacità di pensiero, e così via, essendo pensiero e esistere indissolubilmente legati non a caso Cartesio parlava di:

cogito ergo sum

Ma potremmo anche ribaltare il significato come:

sum ergo cogito.

Oblivion è un romanzo sia di liberazione che di stimolo alla consapevolezza totalmente simile alla Pistis Sophia. Andiamo a analizzare perché.

Lo gnosticismo fu una filosofia particolare e particolareggiata in cui il fulcro centrale era la credenza nell’esistenza di due divinità una dominante del regno materiale capace di manipolarci attraverso le sue emanazioni (arconti) servi esclusivi addetti al controllo dei confini in cui si rinchiudono particelle di anima o di luce, fuggiti dalla amorevoli mani di una divinità del mondo spirituale (penumatici) e finiti nel mondo inferiore attraverso una lunga caduta tra le emanazioni dell’arconte (peccati) rei di aver appesantito il loro carico energetico. In parole povere l’uomo, parte del mondo superiore (Dio) discende per un caso o per una mancanza o per la brama di potere, attraverso vari livelli energetici, appesantendosi man a mano fino a rendersi proprietari di un corpo fisico, dotato, quindi di energia pesante.

Questa discesa, considerata sia redenzione che prigionia è sotto il dominio del dio della forma, che gli gnostici chiamavo Jahvè (non a caso il senso ebraico di Jahvè è colui che è e per essere non devo trasformarmi in altro ma restare statico). La divinità originaria, padre delle scintille di energia pure (senza forma) si trova così a lottare per riportare in alto le particelle fuggiasche che soffrono e tentano la riconquista del paradiso perduto attraverso una vita terrena che è non solo Sacrificio” ma anche e soprattutto illusione; non è altro che una pallida parvenza della realtà superiore. Si può dire che il mondo arcontico sia chiuso, sia sono o peggio proiezione olografica di una realtà sfuggente e incomprensibile al pesante livello di energia del mondo basso. non a caso noi non possiamo che percepire una sorta di pallida essenza della realtà energetica superiore proprio perché appesantiti dal corpo e da sensi limitati. E non a caso l’idea di teletrasporto può essere teoricamente possibile solo in presenza di piccole (pure) particelle di energia. Gli agglomerati biologici, infatti, sono troppo pesanti.

E veniamo al libro e alla pistis sophia. Questo libro gnostico non fa altro che raccontare ( ve lo spiego in breva ma vi invito a leggerlo lasciando che la perfetta musicalità del testo vi avvolga la mente) come sia possibile arrivare alla conoscenza (gnosi) e di conseguenza alla liberazione dalla pastoie della materialità attraverso il racconto della redenzione di una caduta, quella della Sophia (sapienza). Rea di aver peccato, scambiando una pallida imitazione della luce del piano superiore (sophia abitava nel tredicesimo eone o nel tredicesimo piano della materia) scende bramosa e affamata, invece, in un paino sempre più materiale, fino ad essere circondata dagli arconti (servi dell’arrogante ossia colui che si adorna del titolo di Dio) e letteralmente divorata, resa prigioniera e resa schiava. Alla Sophia viene tolta costantemente quel filo di unità con la fonte o se vogliamo chiamarlo il nesso, costringendola a credere che il mondo inferiore sia l’unica realtà esistente. E cosa centra con Oblivion?

Beh Oblivion racconta la stessa identica cosa. Due personaggi Nara e Eridan affrontano, ognuno a suo modo, la ricerca della verità rendendosi sempre più consapevoli di una verità liberatoria ma distruttiva ( del loro imprinting sociale ) che il loro mondo è:

Un mondo chiuso, con confini reali e un qualcosa di sconosciuto che sta al di fuori.

E noi siamo in preda di un rigido controllo, in preda di :

una percezione della vita che in realtà non è quella…

La pistis sohpia poi ci parla di una cosmologia molto intrigante: al vertice esiste Dio non un dio ma il Dio per eccellenza dalla cui luce (energia) deriva ogni cosa. questo è immerso e partecipa di spazio purtuttavia distinti:

  • il I spazio o spazio dell’ineffabile;

  • il II spazio o primo spazio del Primo Mistero;

  • il III spazio o secondo spazio del Primo Mistero.

E Aurora stella di cosa ci parla nel libro?

Di tre mondi:

al difuori

al ditsotto

e al diqua.

Caso strano i primi due sono realtà fittizie, quasi vivai artificiali atti a preservare le razze o peggio l’umanità, da qualche disastro naturale o diabolico, una sorta di contenitore (chiamato arca biologica) chiuso e sigillato, dove la vita prospera senza però possibilità di scelta.

Quello che i mondi senza luce (gnosi) preservano è solo la varietà biologica e la biodiversità ma, sono deplorevolmente ignoranti davanti a altri livelli mentali, come empatia, amore, compassione e condivisione. non a caso l’orribile mondo al distotto è considerato regno di demoni, che trattano e prendono ai loro schiavi adrenalina, potere e tutto ciò che li rende quasi convinti di essere vivi. Dall’altra parte il mondo al disopra è profondamente robotico, cosi chiuso in convenzioni rigide dalle quali esclusa la poetica, la creatività e la vera bellezza. Tutti assolcano le regole di chi ha abilmente preso il potere, lavorando e considerando legami, eventi che in un mondo permeato di anima sono carichi di emozionalità come semplici mezzi di sussistenza. in questi due mondi, è infatti deturpata la procreazione: nel primo caso non è contemplata nel secondo è regolata dalla finalità cosciente (ampliare la stirpe).

Cosa significa?

Procreare non è soltanto un atto biologico.

Ma da sempre è considerato un potere legato alla creatività, al caos rigeneratore, al cambiamento.

È un mistero è la capacità di richiamare anime dall’alto dei cieli, di rendersi simili al Dio. non a caso per gli gnostici era l’atto più egoistico e collegato al potere dell’arconte, ossia intrappolare altre anime in un corpo materiale e condannarle alla ricerca della salvezza.

D’altro lato, chi è privato di questa capacità è privato anche dell’immaginazione.

Ecco che la procreazione non è, dunque solo un fatto biologico ma simbolico: tutte e due i mondi privati della vera luce e della vera consapevolezza sono fermi, non sono graziati dalla capacità umana di pensiero e dunque di creazione.

La capacità della tribù di Eridan di cantare ( dal sanscrito kanati o kvanati con il significato di raccontare quindi creare storie o celebrare fino a sfiorare il significato di inno e preghiera) ossia di creare incantesimi (incantare, composto da in- intensivo e cantare recitare formule magiche – da canere cantare; stessa radice del fortunatissimo sinonimo francese “charme”, derivato da carmen canto, poesia, profezia.) non è usata per scopi più sacri ma oserei dire prosaici, quelli che mirano alla finalità di garantire riparo, acqua e cibo.

Ecco la finalità cosciente distorsione di ogni elemento sacro dell’uomo.

Come si raggiunge il mondo oltre i confini?

Con la scoperta della verità, con la ribellione e la lotta. Non esisterà mai un uomo che possa essere benedetto e dunque, unto o salvato che non osi arrogarsi il diritto di dire no, di lottare con divinità ritenute intoccabili o pericolose, con idee e concetti ritenuti inviolati o con percezioni considerate le verità assolute.

La conquista della consapevolezza passa e passerà sempre attraverso la lotta, ed è la lotta che ci rende, davvero, evoluti.

Leggere Oblivion è leggere il percorso simbolico gnostico di un’anima che passa da un mondo prigione dotato di confini che nessuno valica in virtù di un tabù falso (nel nostro sono gli assunti culturali e religiosi che sono il nostro nutrimento fin da piccoli) e la capacità di rendersi conto che, il mondo che vogliamo vedere, è soltanto un ologramma.

quando cercavo la luce, mi diedero le tenebre

quando cercavo la forza

mi dieder

o la materia”

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A cura di Alessandra Micheli 

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