Review party”Mexican Gothic” di Silvia Moreno Garcia, Mondadori. A cura di Alessandra Micheli

Ho iniziato questa recensione mille volte.

Eppure non sono riuscita a creare un incipit capace di esprimere il groviglio di emozioni che ho dentro.

Forse neanche stavolta ci riuscirò.

Ma devo pur scrivere no?

E forse proprio per questa incapacità a descriverlo Mexican Gothic è il libro.

Si il libro.

Quello che apre non solo le porte della percezione, ma anche il pensiero da troppo tempo ingabbiato in un mare di paranoie e di finti slogan, di finti valori che hanno il perfido odore di convinzioni passate.

Quelle che dividevano il mondo in superiori e inferiori, in privilegiati e condannati, in illuminati e materialisti.

Io ho sempre detestato ogni gerarchia.

La trovo degradante per un uomo che è sempre in lotta con due parti di se, quella luminosa e quella oscura.

E a volte l’oscurità non è certo nell’amore per la vita e la materia.

Ma si rifuggia negli angoli più impensabili.

In quella voglia di perfezione, di elezione che ha rovinato tanti, troppi poli, che ha funestato la nostra storia e che ancora oggi ci perseguita.

Ascolta le parole noi siamo liberi, noi siamo gli eletti mi riporta indietro nel tempo, quando per appartenere alla casta ariana si tentava di annullare la differenza.

Ed è in fondo questo che racconta Mexican.

Dietro alla storia gotica c’è molto di più e forse è un di più che non vogliamo e non possiamo ammettere.

Noi dobbiamo dividere tutto in schemi.

Superiore e inferiore, tarato e illuminato.

Alto e basso.

Quando il mondo non è altro che un meraviglioso mosaico capace di includere e non escludere.

Ed è la nostra peggior ossessione: diventare la razza che domina persino la storia evolutiva a scapito degli altri, dei fragili, di chi non regge il peso della rivelazione.

E cosi in questa dimora che si abbarbica nel passato, in idee che cozzano contro la modernità.

E’ racchiuso tutto il male del nostro moderno e del post moderno: abbracciare ideologia totalizzanti, rassicuranti e onnipervasive.

Che annientano persino i valori tipici di questa nostra strana Umanità: compassione, comprensione e pietas.

Oh si di pietas ne sentiamo parlare.

Ma nessuno può essere davvero “pietoso” quando l’altro è escluso da queste elucubrazioni mentali volte solo a farci sentire migliori.

Cosi Hig place con quella sua fame capace di fagocitare ogni energia diviene il simbolo di un passato troppo radicato in noi che vuole perpetuarsi, divorando ogni energia innovatrice, portatrice cioè di un modo di vivere più autonomo, con lo sguardo fissato vero un futuro tutto da scrivere.

Nessuna predestinazione.

Nessun privilegio fornito da una giusta nascita.

O da un retaggi odi purezza dei sangue.

Nessun predestinazione.

Non è il nostro DNA a decidere chi siamo e a cosa possiamo appartenere.

Siamo solo noi, con le scelte e la capacità di dire no.

Con le nostre cadute e le risalite, con la forza e con la fragilità.

Con la bellezza indomita di Noemì sempre alla costante ricerca di se stessa, a sempre in lite con l’autorità ma cosi vicina alla fonte di se stessa. Ed è proprio quel suo essere integra che la salverà dalla perdizione.

Un libro dalle mille sfumature, capace id emozionare e far innamora un po’ tutti: chi lo considererà un libro pieno di adrenalina e emozioni, chi una storia romantica e chi, come me un lucido resoconto su un mondo che tenta di riproporsi sempre uguale che cambia il suonatori ma mai la melodia.

Ma che al tempo stesso viene combattuto da tutti noi sognatori.

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