Amanti del giallo, a me gli occhi!
Seguitemi in questa avventura che vede protagonista nella sua seconda indagine il vicequestore Tomba Maselli Enrico dove i personaggi escono dalle pagine e prendono vita proprio davanti ai vostri occhi, dando la sensazione non solo di andare voi stessi nella storia e nelle indagini ma di vederle proprio saltare fuori dall’inchiostro!
Tomba Maselli è un uomo solo, che ha perduto la moglie da 5 anni, l’amore della sua vita e che ora si dedica al suo lavoro e alla sua solitudine restando aggrappato a una felicità che aveva vissuto nel passato; adagiato in un presente che lo lascia sospeso nel vuoto.
Vuoto che riempie con la sua professione a cui si dedica con passione.
Alle ore 23:15 una sera entra in un ristorantino e tra l’amarezza dei suoi ricordi e dei pensieri verso sua moglie Giorgia cerca di addentare una fetta di crostata.
All’improvviso irrompe un uomo, ferito, sanguinante e in stato di shock che gli crolla tra le braccia, giusto il tempo per Tomba di dire alla vittima di essere della polizia e alla vittima di raccontare cosa gli era accaduto.
Appartato con una prostituta africana nel Parco era stato attaccato da due uomini di colore che rubatogli il motorino lo avevano colpito alle spalle sparandogli.
Da quel momento inizia la storia e le storie raccontate dalla vittima di furto Dino Mantovani.
Tomba è intelligente, astuto, perspicace e la teoria del furto con sparatoria gli sembra eccessiva e ovviamente inizia ad andare a fondo degli eventi recandosi subito in ospedale per poter interrogare la vittima appena reduce da un intervento chirurgico importante.
Si è salvato la vita e ora è giusto che esponga i fatti per far sì che i colpevoli vengano arrestati.
Giunto in ospedale trova un muro invalicabile fatto persona: la dottoressa Grazia Bergamini, che si pone in maniera fredda scostante, stizzosa nei confronti del vicequestore.
Il suo paziente non è in condizioni di poter parlare e deve essere lasciato a riposo.
L’insistenza di Tomba non la vince sulla professionalità e l’autorità della dottoressa.
Prendendo visione degli oggetti personali della vittima Tomba si rende conto che forse c’è qualcosa di più di ciò che Mantovani ha raccontato al loro primo incontro.
Così iniziano a emergere i colleghi di Tomba: Aderna, l’agente Assi Leardo, il sardo Mulas, Barda… un team scanzonatissimo ma affiatato che si prende gioco delle proprie abitudini, dei propri accenti e del proprio modo di esporsi, creando un’ambientazione allegra ma al contempo seria e professionale.
Sono ragazzi e come tutti i ragazzi che hanno grosse responsabilità professionali qualche volta si lasciano anche andare alla goliardia; senza però penalizzare il loro rendimento professionale.
Sono tutti assolutamente simpaticissimi.
Il povero Mulas che è costantemente vittima delle risa dei colleghi ha nel mio cuore un posto privilegiato perché mi ha fatto da subito una simpatia infinita!
Durante i primi sopralluoghi, dalle indagini effettuate ci sono delle forti incongruenze tra ciò che la vittima ha raccontato e ciò che la Polizia ha trovato.
Lo scooter che è stato rubato non ha lasciato nessuna traccia all’interno del parco Lambro, ci sono le impronte di tre persone (uomini, nessuna impronta femminile), un bossolo di fucile da caccia, la pallottola di una pistola e a terra una Berretta che non ha mai sparato.
La storia non coincide di certo con un furto, che si sia trattato di un agguato? Di una resa di conti?
Tomba che è entusiasta dei suoi collaboratori ha una stima particolare per l’agente Leardo; il quale ha tanto potenziale per poter far carriera e Tomba adora vedere le modalità con cui questi gestisce le indagini facendogli da guida nel corso della logica e del pensiero critico sugli eventi e sugli indizi; rendendo noi lettori partecipi di quei ragionamenti, di quelle riflessioni, di quelle constatazioni di fatti.
La narrazione crea un’atmosfera incalzante, i punti di vista degli inquirenti sono acuti, esperti, ma soprattutto con note altamente ironiche che spezzano la tensione e la serietà degli eventi.
Si dice che ogni libro ha una sua voce, la voce dell’autore che lo ha scritto e in questo romanzo la voce di Bertarelli è chiara, priva di fraintendimenti, priva di dubbi.
Tra contenuti palpabili, l’utilizzo di parole comprensibili; nonostante ovviamente il genere letterario giallo sia poi responsabile dell’influenza narrativa della storia, ci permette di vivere il mistero con limpidezza, concentrandosi su una trama ben tessuta e arricchita da dialoghi coinvolgenti.
Per ottenere una scrittura così chiara è evidente che chiara è la mente e l’idea dell’autore che l’ha scritta.
La scrittura è rivelazione, è comunicazione e quando è una bella scrittura la comprensione di ciò che accade è fluida e assolutamente deliziosa e godibile.
Le successive visite di Tomba in ospedale per interrogare la vittima diventano particolarmente intense e accattivanti.
Tomba ha intuito che Mantovani sta mentendo e sta cercando di depistare le indagini ma vuole fingere di stare al suo gioco perché: “tanto va la gatta al lardo che ci lascia lo zampino” come recita un vecchio proverbio.
Le indagini si alternano con scorci di vita fuori dal lavoro di Tomba che torna in una casa vuota e pulita grazie alla signora che si occupa delle faccende domestiche da quando sua moglie non c’è più.
Una donna che trova la forza e il coraggio di dirgli che forse sarebbe anche giunto il momento di lasciare andare sua moglie, di riprendere in mano la sua vita, di pensare un po’ al tempo che è rimasto senza aggrapparsi solo ed esclusivamente al tempo che è trascorso e che inevitabilmente non tornerà mai più.
Il destino a volte ci mette tra le braccia la vittima di un crimine dandoci la possibilità forse di risanare anche noi stessi. Accogliere qualcosa di inaspettato, sconvolgente, cercando di comprenderne il significato che poi ci darà modo di capire meglio un po’ anche noi stessi.
Mantovani pecca di presunzione, fa parte di quella categoria di persone che pensano di essere più furbe degli altri.
La dottoressa antipatica e distaccata si dimostrerà ben altro, tra tabulati telefonici, intercettazioni, reperti della scientifica, tra le considerazioni dell’agente Learda e quelle acute di Tomba, vedremo come la malavita è quella piovra dai mille tentacoli che possono arrivare ovunque, osserveremo il potere assoluto dell’omertà.
La bellezza assoluta di questo giallo è che la verità verrà a galla, il crimine verrà punito ma il cerchio non si chiuderà perché non sempre le indagini portano dove dovrebbero portare e spesso l’omertà è più potente della giustizia.
Non sempre la giustizia riesce a risolvere la vera entità di un crimine ma è pur certo che quando si tratta di malavita prima o poi anche il caso meno rilevante potrà essere riaperto.
Tomba sa, ha compreso insieme alla sua squadra che c’era ben altro oltre ciò che emerge dalle indagini a tappeto effettuate dalla polizia ma il tempo sarà quello che darà tutte le risposte.
Nel frattempo chi ha commesso un crimine finisce in prigione, chi ha taciuto forse si salverà la vita; chi un giorno uscirà di prigione forse cambierà la sua vita o forse continuerà a vivere di criminalità.
La cosa certa è che Tomba ritroverà la voglia di vivere e l’agente Mulas forse smetterà di parlare usando il passato remoto per sembrare più colto.
Una lezione importante è che il passato non deve condizionare il futuro che ci resta da vivere; ciò che è stato resta ma ciò che sarà potrebbe essere ancora qualcosa che merita di essere vissuto.
Un giallo che è come il cubo di Rubik, ci sono tante facce da completare rigirando, voltando, capovolgendo indizi e solo l’abilità di un esperto riuscirà a terminare, usando la logica, tutte le facciate del cubo.