“Cronaca dei giorni d’acciaio” di Elia Pasolini, Dark Zone. A cura di Alessandra Micheli

Piccola premessa.

Raramente parlo dei libri che acquisto.

Ed esiste un motivo molto preciso.

Io so udire la loro voce.

Infatti, quando mi accosto a un determinato testo, lo faccio perché mi chiama.

Non su suggerimenti o facendomi convincere dagli imbonitori. Anche perché le sporadiche volte in cui ho seguito dotti suggerimenti sono sempre rimasta delusa.

Perché molti seguono la moda, la volontà di compiacere una determinata casa editrice, in certo loro snobismo letterario o il desiderio inconscio di avere accanto soltanto un feticcio.

Da mostrare in elaborate sessioni di spacchettamento, o in foto ricche di fronzoli e di accattivanti, plastificati sorrisi.

Io no.

Mai.

Compro quel testo, sicura che il viaggio che in prospetta mi lascerà soddisfatta proprio perché mi chiama.

Mi dice ehi Ale sono qua per te.

E cosi lo prendo tra le mani, lo osservo, sorrido e instauro con lui il patto eterno tra lettore e storia.

Quello che mi permette di sospendere l’incredulità e di lasciare da parte tutto il mio ruolo sociale, la mia maschera e ogni orpello possibile e immaginabile.

Siamo io e lui.

E tra noi scorrerà fuoco, rabbia, lacrime gioia.

Tutto quello che renderà quelle pagine vissute, sfiorate più e più volte, divorate e persino segnate da idee e sensazioni, perché un libro non deve MAI essere intonso.

Se volete viverlo davvero.

E non succede cosi anche con i libri omaggio delle case editrici?

Si e no, mio lettore.

Li è un bel salto nel buio, un allontanarmi dalla mia comfort zone, una voglia folle di essere stupita, devastata, il bisogno di avere tutte le certezze ridotte cenere.

Ed è il motivo per cui sono una blogger.

Leggere sempre si, ma conscia che tutti i generi che arriveranno a me, non saranno confortevoli, ne asseconderanno le mie aspettative. Mi distruggeranno, per potermi poi far rinascere.

Con Elia non è stato cosi.

Sapevo che mi sarei innamorata.

Sapevo che il suo mondo era il mio, quello di cui avevo un disperato bisogno, una sorta di necessario ritorno a casa.

E sapevo che dentro averei trovato tutti i temi a me cari, la critica sociale, il divario insormontabile tra scienza e soprannaturale, reminiscenza di batesoniana memoria.

E persino la volontà di essere distrutta nelle sue certezze.

Che devono poter crollare ogni giorno per poter essere sostituite, fino a che possa diventare fluida come acqua.

E’ il mio sogno, il mio bisogno primario.

Quello per cui leggo, quello che mo fa rialzare ogni volta.

Ogni volta che qualcosa mi fa crollare la mia personale a torre di babele.

Lo stesso dramma/benedizione del mio alter ego, Josian.

Eh si.

Lui è una parte fondamentale di me.

Quella che vuole essere plasmata da ogni dato che stona con la teoria con cui ti hanno cresciuto.

Quella che sente il potere non già come un desiderio da realizzare ma come un fardello.

Josian che è la speranza del nuovo, quel nuovo che può nascere soltanto:

quando ogni certezza crolla.

E’ allora che

è tempo di un nuovo potere.

E quello di cui secolo dopo secolo abbiamo avuto bisogno.

Un nuovo paradigma con cui osservare il nostro reale.

Un nuovo sogno da raggiungere.

La terza via da creare con intelligenza, un pizzico di follia e di indisciplinata spensieratezza.

Servono eretici, ribelli.

Servono persone che non hanno paura che, nel loro corpo cosi perfetto si innesti qualcosa di alieno…

E cosi in un regno di Stehir che è in fondo una Londra mascherata, dove le caste diventano emblemi di potere, la scienza fa bizze con la magia.

Fino a sognare l’unione blasfema per eccellenza: la tecnetica.

Fantasia?

Non proprio.

Seppur questo testo è del tutto un’intelligente e perfetto steampunk esiste molto realismo in quelle ardite scene accattivanti create dal nostro menestrello.

Eh si mio lettore.

Ancora oggi noi ci dibattiamo nel dilemma dei dilemmi, quello che separata mente e natura, che distingue esoterico dal materialistico, che gerarchizza soprannaturale e meccanico.

Tanto che seppur Einstein ci prova a porre una linea di fusione tra magia e scienza, noi non siamo ancora pronti a accoglierla.

Perché ognuno dei due reparti detiene il potere assoluto sul suo piccolo mondo segmentato.

Gregory Bateson se ne accorse.

La cibernetica propose una tregua e una sorta di interconnessione. Persino la chiesa propone timidamente un’amicizia strana tra Galileo e Bibbia.

Ma è difficile che si abbassino le armi, se la posta in gioco è la sopraffazione dell’altro.

Unire parti di un tutto separate da secoli significa davvero creare il terzo potere. La terza via.

L’apprendimento terzo.

Significa creare un modello tutto nuovo, con le sue potenzialità e i suoi pericoli.

E nulla, meglio dello steampunk ci mostra come potrebbe essere.

Nessuno meglio del meraviglioso Pasolini ci descrive la passione e la sconsideratezza di chi osa andare laddove anche gli angeli esitano.

E mia come oggi credo che cosi abbia bisogno proprio di questa sconsideratezza, di questa imprevedibile follia.

Proporre un modello di civiltà altro.

Proporre un modo di vivere, amare e agire completamente nuovo. Affrontare con la speranza difficili giorni d’acciaio.

Credere che il caos non sia altro che la porta della redenzione.

E’ tutto qua, in questo libro.

E non potevo non raccontarvi cosa ho provato a leggerlo.

Andavo sul sicuro, certamente.

Ma questo sicuro mi ha soltanto confermato quanto sia indispensabile unire e mai disgregare.

Anche se ciò che bussa alla nostra porta è alieno, o diverso.

Che si tratti di idee o di persone.

Aprire la porta sempre e lasciarsi stupire.

E’ questo il segreto del buon vivere

quando ogni certezza crolla

è tempo di un nuovo potere.

Fate vostro questo strillo.

Tatuatelo a fuoco nell’anima.

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