“La sorella del mio migliore amico” di VI Keeland e Penelope Ward, Newton Compton. A cura di Alessandra Micheli

Se abbiamo bisogno di certezze, in questo mondo che cambia è sicuramente nella forza dell’amore.

Eh si mio lettore.

Anche io che venero il prode Chtulhu credo in questo sentimento capace di muovere le alte stelle.

E ruberò sempre questa frase al prode Dante, perché in poche parole ha definito questa forza che pare aver dato vita al mondo.

Persino per gli gnostici la caduta è stata fatta perché la Sophia si era…innamorata.

Del volto bello e bastardo di un arconte ripudiato da dio. E cosa vogliamo raccontare degli Elohim?

Scesi in terra dalle altezze infinito, lasciandosi indietro quel senso di pace, soltanto perché uno sguardo dolce e malizioso li ha sedotti.

E cosi sembra che vita, evoluzione e persino spiritualità siano nate proprio dalla passione, capace di oltrepassare barriere e limiti. Persino quelli del cielo.

Cavolo pensateci.

Se persino gli angeli hanno rinunciato alla loro immortalità per poter abbracciare una donna, sconosciuta, significa che questo è un potere maggiore persino della consapevolezza di essere noi stessi lacrime scese dagli occhi della divinità.

Che potenza!

Eppure, nonostante gli esempi mitologici, letterari e epici, noi ancora mettiamo paletti all’amore.

Eh si.

Tentiamo invano di far confluire una forza di tale portata in schemi preconfezionati.

Siamo pieni di idee su come deve essere l’amore, su come riconoscere la nostra anima gemella.

Su come deve essere il paladino capace di vincere il premio del nostro cuore.

Ne sento ogni giorno.

Non so se ti amo perché non ci sta connessione emotiva, perché non riesco a leggerti nella mente (e chi sei Giucas Casella?) non rientri nel mio prototipo fisico, spirituale, caratteriale o non sei del segno zodiacale giusto.

Tutte cazzate mio lettore.

Vedete se persino gli Elohim hanno compreso che l’unico fattore capace di identificare e nominare quella strana emozione era semplicemente una, quella di farsi piccolo piccolo e riposare finalmente sicuro tra le pieghe del cuore.

Bell’immagine vero?

Beh non posso prendermi i metriti.

E’ di Vecchioni, nella sua splendida canzone “ sul tuo culo e sul tuo cuore”.

Quando un uomo si stupisce della meraviglia di chi ha destato la sua curiosità.

Bella sia in senso fisico che in senso animico, perfetta e imperfetta, semplice e complessa

Ci son notti che starei a guardartelo

Per ore ed ore, ed ore

Altre notti che vorrei farmi piccolo

Tra le pieghe del tuo cuore

E guardarci dentro

Per capire il tuo dolore

Il tuo sentimento

Quella voglia di sognare

Ecco questa frase è quella che vi descrive l’amore.

Ed è quella che la nostra Penelope racconta, in questo rosa che non ci fa soltanto sognare e rilassare.

Ma che è monito.

Andate oltre i vostri schemi.

Oltre il pregiudizio.

Oltre ogni dubbioso preconcetto sull’altro.

Persino oltre l’apparenza.

Perché in fondo il desiderio di tutti non è altro che

farsi piccolo tra le pieghe del tuo cuore e guardarci dentro.

Se il vostro bisogno è questo, allora si siete innamorati.

E buttare via tale sentimento è da coglioni.

E non volete esserlo vero?

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